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Nasco al freddo e al gelo del lago d’Iseo da madre liparota e padre salernitano: mare nel cuore, ribollio interno, calma apparente, timidezza costante. Al terzo anno d’età ci trasferiamo a Salerno con l’arrivo di mio fratello che subito sequestro per inventare giochi, storie, fuitine, ammazzatine, riprodurre scene di film e pubblicità.

Da piccola seguo lezioni di violino ma soffro della serietà dei maestri e un giorno faccio pipì nelle mie bellissime calze nuove; faccio ginnastica ritmica ottenendo il soprannome elefantino e uno strappo al muscolo della gamba destra mai curato; nelle lunghe estati liparote organizzo con amiche e amici spettacoli strabilianti che, nonostante i grandi successi riscossi -tra zie, nonne e parenti lontani- mi procurano puntualmente grandi crisi: cosa scegliere tra il piacere di esibirmi e la voglia di scomparire? La mia autostima vacilla, inizia la dannazione dell’attore.

A dodici anni decido che la mia strada è la scrittura e lavoro ad un giallo in cui incolpo la mia nuova vicina di casa di aver ucciso la mia cagnetta, realmente venuta a mancare in circostanze sospette: grande il successo presso il solito pubblico! Non paga comincio a studiare clarinetto, ora sono abbastanza grande da non farmela sotto, come premio mi è nato un altro fratello.

Arriva il liceo e i corsi pomeridiani di teatro, mi piacciono tantissimo ma mi nascondo dalle foto di scena, puntualmente. Poi arriva l’università, comincio a studiare davvero recitazione e dopo poco a lavorare in alcune compagnie locali, di cui posso fornire dettagliate foto di scena.

Mi trasferisco a Roma più o meno nel 2011, nel 2013 fondo la Compagnia PolisPapin con cui ho avuto bellissime avventure e soddisfazioni fino al 2020.

Dal 2017 mi dedico alla scrittura di testi teatrali che dirigo e interpreto.I miei passi sono guidati dall’interesse per le storie di uomini e donne che siano capaci di parlarmi profondamente. Siano esse recuperate dalla mitologia, fiabe popolari, racconti di famiglia, voci di quartiere, biografie o eventi che capitano camminando per la città, quello che mi interessa è mettere in luce quella fenditura attraverso cui si passa dall’ordinario del quotidiano allo straordinario dell’ extra-quotidiano: zona delicata, fragile, impercettibile che ci fa risplendere in tutta la nostra potenza. 

Oggi ho capito che il lavoro dell’attore mi piace anche perché mi consente di scomparire, scrivo  continuando ad inventare la realtà, collaboro con diverse compagnie teatrali tra cui Le Belle Bandiere, conduco laboratori di teatro e di propedeutica musicale.

di e con
Francesca Pica

supervisione di Elena Bucci

liberamente tratto da “Donne di mare”, “La danza delle streghe” e “I confini irreali delle Eolie”
di Macrina Marilena Maffei

scenografia e costume di Domenico Latronico
luci di Simona Parisini
sarti Rita Rubino e Marco Serrau
assistente all’allestimento Valerio Pietrovita
progetto tutorato da Le belle bandiere/ col patrocinio morale del Comune di Lipari
col sostegno del Teatro Trastevere

durata: 60 minuti

        MARE

 
 
SINOSSI

Storie vere di fatti straordinari, successi realmente, documentati. Forse dimenticati.
Se ci credi, esiste.
Una donna fa un sogno, inizia a parlarne e scivola in una notte nera, in una piccola isola, in una piccola spiaggia di sassi, dove una donna incinta aspetta che il marito la raggiunga per poter tirare la rete a terra e recuperare il pescato. Nell’attesa il tempo e lo spazio si dilatano, realtà e fantasia si confondono. Visioni, incontri inaspettati, viaggi e ricordi aprono la possibilità a cose impossibili. Miti, simboli e figure arcaiche, ora amichevoli ora minacciose, svelano le isole Eolie e la loro feroce bellezza, tra storie di majare, pescatrici e serpi con i capelli. Il parto irrompe all’improvviso assottigliando irrimediabilmente il confine tra l’ordinario e lo straordinario, fino a fonderli. 


 

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NOTE

 

Talvolta le voci che giungono dal passato hanno un grande fascino non solo perché parlano di un mondo lontano e a noi oscuro, ma anche perché nel momento in cui ci raggiungono, suonano alle nostre orecchie come un oracolo, un riflesso della nostra stessa vita, una divinazione. Quando mi sono imbattuta nei cunti eoliani e soprattutto nelle storie delle pescatrici, nonostante si faccia riferimento ad un tempo molto lontano da noi e ad un microcosmo, l’arcipelago Eoliano, in cui ancora oggi facilmente può sembrare di essere indietro rispetto al presente, ho sentito che mi stavo confrontando con un materiale ancora vivo e vibrante, capace di illuminare e chiarificare il presente e con sprazzi fulminei darmi visione di un possibile futuro. Da qui la curiosità di indagare questa realtà arcaica e primordiale, ricucirla, ricostruirla, immaginarla, avventurandomi nella scoperta di un’odissea al femminile. Man mano che scrivevo e congegnavo l’orizzonte della mia pescatrice mi si è rivelato un mondo in cui la delicatezza e la leggerezza dei culti contrasta una quotidianità cruda e rigida, fatta di grandi fatiche e di continue vessazioni, un mondo in cui è la natura, pietrosa, polverosa e impietosa a fare da padrona. MARE è la storia di un mondo fatto tanto di stenti quanto di mistero, è un gioco di scatole cinesi in cui vita e morte vegliano l’una sull’altra tra le onde, in un eterno presente che muta ogni cosa e la lascia com’è.

Baléni

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di e con Francesca Pica
supervisione Elena Bucci 
oggetti di scena, maschera e costume Domenico Latronico
disegno luci Elena Vastano
sarta Rita Rubino
collaborazione all’allestimento Valerio Pietrovita 
progetto tutorato da Le belle bandiere



SINOSSI

Pietrificatə nella sua immobile esistenza, fatta di pensieri e di sguardi, una misteriosa entità spia le vite altrui, cercando risposte al proprio mistero, anelando a essere verə e vivə quanto i personaggi che gli si presentano davanti. Sono mondi svelati giusto il momento di un lampo, rubati al tempo, entusiasmanti avventure e terrificanti specchi in cui osservarsi. Una bambina siciliana cerca invano di nascondere le proprie inquietudini, la Paura diventa una presenza con cui dialogare, una donna solitaria e stravagante vive in un caotico palazzo romano, un finto suicida risveglia la vita di un quartiere, una scrittrice girovaga sogna amore e libertà in un camposanto, un morto parla dalla propria tomba, una donna a lutto è in grado di predire il futuro. Storie fugaci fatte di orrori, sogni, aspettative, desideri che in un baléno possono essere rivelatrici come il lampo di un fulmine in una notte buia.
 
 

NOTE 

“La più felice di tutte le vite è una solitudine affollata” Voltaire

Un curioso essere osserva le strade della città, guarda attraverso i muri delle
case, scruta nelle intimità, intrigato dal turbinio inspiegabile della vita. Vuole disperatamente riconoscersi in un volto; è lo spirito che ha urgenza di divenire forma, la coscienza in cerca di risposte al proprio mistero, la vita stessa, che sembra facile poter rinchiudere in una categoria per poi capire che questa non sarà mai sufficiente a contenerla. Come in un rituale senza inizio né fine, richiama a sé delle figure le cui storie sono accomunate dalla collisione con il limite. Quelli evocati sono personaggi tragicomici, buffi, delicati, terribili, potenti, còlti nel loro spaesamento: il buio di una stanza in una notte insonne, un palazzo affollato e l’impossibilità di avere dei rapporti, un cimitero e il bisogno disperato di amare, la condanna di poter prevedere le cose ineluttabili che il destino riserva al proprio figlio. Come moderni miti urbani queste storie ci accompagnano nello svelamento della vita e del caleidoscopio di possibilità che la compongono. Dissoluzione e rinascita devono necessariamente coesistere perché l’inganno dell’identità possa trovare nuova linfa in sé, per essere finalmente veri e vivi.

Ho sentito il bisogno di dirlo a qualcuno

a proposito di Katherine Mansfield

 

 

 

Katherine Mansfield, nata nel 1888 in Nuova Zelanda, morta nel 1923 in Francia, ha composto tra i più famosi e bei racconti di questo secolo, negli ultimi anni è diventata uno dei grandi miti moderni, in cui i lettori rispecchiano i loro sogni. Creatura poliedrica e sfuggente, misteriosa, delicata ma tenace, appassionata e sensibile, incline a repentini cambi d’umore, ha affascinato le persone che l’hanno conosciuta, non solo per la sua produzione letteraria ma anche per la sua personalità.

 

Da quando mi sono imbattuta nei suoi scritti ha rapito anche me, da allora tento di coglierne l’essenza, di prenderle la mano, barcamenandomi tra la vita, le lettere, i diari e i racconti; cercando riflessi della sua anima volatile nei personaggi esplosivi e nei paesaggi limpidi che descrive , nei piccoli accadimenti di cui parla e che tanto assorbono la sua curiosità e sensibilità. Un inseguimento che non trova fine: quando un possibile ritratto della Mansfield si delinea ecco che ne compare un altro e il punto di arrivo diventa sempre quello di un nuovo inizio.

Durata: 45 minuti


 

elaborazione drammaturgica e interpretazione Francesca Pica
musiche dal vivo originali e drammaturgia sonora Carlo Roselli
allestimento Domenico Latronico

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PROVE DI VOLO-testo, voce e clarinetto Francesca Pica

00:00 / 12:43

Il lago Sandro Pertini, o lago eXSina, è il frutto di una piccola rivoluzione della natura. Si trova in una posizione incuneata tra il Pigneto, via di Portonaccio, via Prenestina e via di Casal Bertone ed è sorto nel 1992 a seguito di un “incidente” durante i lavori di costruzione di un parcheggio privato; gli scavi hanno intercettato una falda acquifera, non a caso la zona si chiamava Acqua Bullicante, e l’invaso artificiale si è riempito di acqua purissima.Da allora il lago continua ad essere alimentato dalla sorgente ed è stato richiamo per una flora e una fauna tali da farlo considerare Monumento naturale. Durante questi anni ci sono stati diversi tentativi per ricominciare i lavori sventati solo grazie alle lotte dei cittadini che tutt’ora si battono per la tutela del luogo, sempre a rischio di speculazione edilizia.

SUGGESTIONI DALLE LETTERE DI KATHERINE MANSFIELD

Nostalgia di Stromboli - Festa di Teatro Ecologico
 

Prove en plein air- Isole Eolie- foto di Domenico Latronico

Ci sono sette isole, vulcaniche, una completamente diversa dall’altra. Misteriose, selvagge, piccole, abitate sin dal neolitico, pregne di storia Greca e Romana di magia e fascino mitologico. Portano il nome del dio Eolo. Ed io muoio per loro. Sono sicura, adesso che ho studiato lo posso dire, una majara mi avrà fatto una fattura e avrà legato il mio cuore lì per sempre, a giacere nella pomice, nell’ossidiana, nelle rocce rosse e in quel mare. Dall’età di otto mesi, quando ci arrivai per la prima volta…o forse anche da prima, forse anche il cuore di mia mamma, quello di mia nonna, della mia bisnonna e così via, sono ancorati a quei fondali, i loro forse ancor di più essendoci nate nelle isole. Quei fondali sono cambiati nel tempo, fino agli anni ottanta si lavorava ancora la pomice e allora erano bianchi e anche il mare lo era. E alcune spiagge erano interamente fatte di pietra pomice, bianche. D’inverno tutto tace, le grandi tempeste, i colori cambiano, alcuni isolani si seccano altri si riposano e si rigenerano e si preparano perché da Maggio comincia il folle, allegro, opprimente, sbalorditivo, redditizio… turismo. Con quello si sostengono le isole ora, prima c’era la pesca, c’era la terra. Prima. Cosa c’era prima? Prima non c’era la corrente elettrica! Ecco, ci sono ancora delle zone senza luce e quante stelle si vedono. Prima non c’erano le navi cisterna che portavano l’acqua. C’erano le cisterne che si riempivano con la pioggia e quando volevi l’acqua…questo me lo ricordo, me lo ricordo perché avevo una zia, una propro zia che era nata nel 1904, signorina, non si era mai spostata dalla sua frazione di nascita Acquacalda, fino all’età di ottanta anni. Quando andavo a casa sua e avevo sete, lei apriva uno sportellino di ferro nel muro e da dentro usciva un fresco, se ti affacciavi ti sgridavano, poi dentro ci buttava 'u cicciu, e quando lo tirava su era pieno di acqua fresca. Solo ora mi rendo conto di non aver fatto mai domande e quante cose vorrei sapere...

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